Viaggio in Giappone, secondo tempo: Kyoto, Nara, Hiroshima, Miyajima e Osaka

Fushimi Inari Taisha

La seconda parte del nostro viaggio in Giappone è stata davvero un secondo tempo. Tokyo è una dimensione a sé e, pur essendoci piaciuta molto, mettici il fuso, le mille cose viste, l’immensità delle possibilità che ti scorrono sotto il naso, il cambio di dieta e l’intestino occluso dal riso, ci ha lasciati un po’ storditi: chi siamo, dove stiamo andando? Ah sì, a Kyoto!

La seconda parte del viaggio, come spesso succede, ti coglie più preparato, più presente e forse anche le mete che abbiamo scelto hanno aiutato a entrare in sintonia più profonda con quello che stavamo vivendo. È anche vero che destinazioni come queste necessitano di più visite: la prima è un frullatore, serve a togliersi la curiosità di tutto quello che si è sentito, letto, intravisto in rete e sui libri, e che riguarda principalmente le mete più conosciute e scontate; sarebbe bello poter ritornare più leggeri e meno smaniosi di mangiare tutto, con gli occhi e con la bocca, con più tempo per sentire i luoghi, le persone, le vibrazioni (metaforiche eh, quelle telluriche anche no!) di questa parte di mondo dall’altra parte del mondo. Vedremo se succederà, anche da sola ci tornerei, perché è una meta tanto ricca quanto “facile”, accogliente, in cui ti senti serena e sicura ovunque.

 

Tornando a bomba, ci ritroviamo sul puntualissimo Shinkansen, un treno piacevole con tutto quello che serve, che si mantiene pulito durante la giornata perché alle stazioni un/a addetto/a per carrozza attende diligentemente l’arrivo e dà una riordinata prima del turno successivo (gira le poltrone nel senso di marcia, apre le tendine, toglie le immondizie, ecc.).

Per raggiungere Kyoto ci vogliono circa due ore e mezza di paesaggio piuttosto monotono che scorre veloce dietro i finestrini, fino alla comparsa del Monte Fuji, sopra le nuvole. Con il Japan Rail Pass si può viaggiare anche senza prenotare, ma vale la pena farlo per evitare di restare in piedi e anche per farsi assegnare i posti migliori per osservare un’ultima volta questa spettacolare montagna. Non tutti gli Shinkansen sono compresi nel prezzo, ma le corse sono continue e noi abbiamo sempre prenotato il giorno prima, o poco prima, di partire, senza problemi.

 

 

addetti alla pulizia degli Shinkansen
Monte Fuji

Partiti con calma da Tokyo (mai fatto una levataccia, siamo in vacanza!), arriviamo alla bella stazione di Kyoto nel primo pomeriggio e in due minuti siamo nella nostra confortevole stanza al Kyoto Vischio Hotel by Grandvia, il migliore del viaggio, super consigliato: a due passi dalla stazione, stanze molto belle, nuove e grandi per gli standard giapponesi, molto molto comode (letti fantastici in ogni albergo devo dire!), elegante lounge sempre accessibile e gratuita con bibite, tè, caffè, ghiaccio, ecc. Ci siamo trovati benissimo, anche qui a prezzi impensabili in Italia per la stessa qualità: 4 notti, 3 persone, 550 euro in tutto.

Un inciso pro futuro: in Giappone si può viaggiare leggeri! Gli hotel offrono qualsiasi tipo di amenities: pettini, rasoi, spazzolini, creme, pigiami (c’è sempre uno yukata di cotone a disposizione da usare come pigiama), ciabatte, asciugacapelli veri, non quelli a muro che si ostinano a propinarci in Italia! Ombrelli e acqua a volontà. L’acqua fresca viene offerta gratuitamente quasi ovunque in bar, ristoranti, aeroporti. Se si finiscono le mutande, c’è sempre la sala lavanderia con lavatrici e asciugatrici a disposizione.

Inoltre, dato che girare con grosse valigie o tanti bagagli è sconsigliabile (ci sono molti scalini in molte stazioni e sui treni non tanto spazio per i bagagli più grossi) si può usufruire di un comodissimo servizio che permette di spedire le valigie all’albergo successivo per circa 10/12 euro a collo. Gli spostamenti delle valigie sono tracciabili tramite un codice, oppure si possono facilmente monitorare utilizzando degli air tag. Per trovarle il giorno dopo a destinazione, basta spedirle entro le 2 di pomeriggio del giorno prima, rivolgendosi direttamente alla reception del proprio albergo. Per un viaggio lungo e con tante tappe, è davvero un servizio comodo ed efficiente che consiglio di sfruttare!

Detto questo, ci siamo diretti in metro verso il centro storico, percorrendo per la prima volta la sempre affollata Shijo Dori fino al famoso Ponto-cho, vicoletto caro ai turisti perché sembra di essere in Memorie di una geisha (se non ti soffermi sul fatto che è ormai un’infilata di ristoranti per turisti), abbiamo attraversato il ponte sul fiume Sumida e fatto una passeggiata nel quartiere Gion, lungo la via Hanamikoji, dove ancora sopravvivono case tradizionali giapponesi. Di geishe vere neanche l’ombra, in compenso è pieno di turiste giapponesi (e non solo) che passeggiano in kimono con passo incerto sui tradizionali geta, zoccoli/infradito da indossare, come le birkenstock, rigorosamente con il calzino bianco apposito, così da scivolare meglio sul legno e assaporare appieno il gusto di questa antica forma di tortura locale.

Abbiamo quindi cenato da Agotsuyu Shabu Shabu Yamafuku, dove abbiamo provato appunto lo shabu shabu, preparazione tradizionale giapponese (che deriva però da un piatto cinese) nata a Osaka negli anni ’50: al centro della tavola è posizionato un fornello con la padella di brodo dashi in cui, utilizzando le tradizionali bacchette, si immergono e cuociono un po’ alla volta carne e verdure tagliate a fette molto sottili. Una volta cotto, il cibo viene intinto in salse e gustato. Lo abbiamo trovato delizioso e ci è piaciuta molto anche tutta la scenografica preparazione che le ragazze del locale eseguono a ogni tavolo (ti viene spiegato come è stato preparato il brodo di pesce e aggiunto al momento il latte vegetale che lo rende più dolce e gustoso). Si chiude il pasto con i noodles cotti nel brodo insaporito dalla carne e dalle verdure, da intingere successivamente in una nuova salsa a scelta. Ottimi!

ponte sul fiume Sumida a Kyoto
Gion a Kyoto
Shabu Shabu a Kyoto
Shabu Shabu a Kyoto

Il giorno successivo lo abbiamo dedicato a visitare il suggestivo padiglione d’oro del tempio Kinkaku-ji (dalla storia affascinante anche se ricostruito nel secolo scorso) con il suo piacevole parco dove – memori dell’ultima stagione di Pechino Express – ci siamo anche dilettati nel lancio della monetina nelle scodelle di alcune statue votive, auspicio di buona fortuna (una su venti è entrata, sia messo agli atti).

Kinkaku-ji
padiglione d'oro Kinkaku-ji a Kyoto
tiro della monetina a Kinkaku-ji - Kyoto
Kinkaku-ji - Kyoto

Siamo poi tornati in autobus (sempre pagando con le solite Suica Card) al Nishiki market, paese dei balocchi street food edition. Qui si trova di tutto, dagli uccellini poco scampati, a yakitori di ogni genere, gyoza, dorayaki, frutta e verdura essiccata, pesce vivo, condimenti, ecc. Anche qui ogni chioschetto trabocca di riproduzioni in plastica di quello che propongono, tanto che nel casino non si capisce più qual è il cibo vero e quale quello fake! Come sempre un po’ storditi dal tutto, finiamo con il fare il solito pranzo super mapazzonico dolcesalato, e sono già le due mezza; cerchiamo quindi un bar con una macchina espresso italiana, caffè, birrette e attendiamo di partecipare alla Cerimonia del tè prenotata per le 16.

Nishiki Market a Kyoto
Nishiki Market a Kyoto
Nishiki Market a Kyoto
gyoza al Nishiki Marketi di Kyoto
Castella Cake al Nishiki Marketi di Kyoto
street food Kyoto

Abbiamo prenotato la Traditional Tea Ceremony + Kimono Experience dall’Italia sul sito Maikoya. Ora, partendo dal presupposto che si tratta di un’esperienza preconfezionata proposta 10.000 volte l’anno ad altrettanti turisti, non possiamo certo affermare di non aver sentito un po’ di Gardaland flavour! Detto questo, ci siamo lasciati trasportare per due piacevoli ore dalle signore che gestiscono questo ryokan e, vestiti e pettinati di tutto punto in circa 15 minuti (si può scegliere tra tantissimi Kimono di tutti i colori, per adulti e bambini, che si indossano sopra una sottoveste protettiva, e altrettanti accessori come cinture, ombrellini e fiori per i capelli), ci siamo goduti il rito del tè grazie a una maiko (apprendista geisha) molto simpatica che parlava un inglese semplice e comprensibile.

Belli gli abiti (apice della vacanza per Chiara!), bella la cerimonia, bello il ryokan, simpatica la compagnia fritto misto (Bari, Sudafrica, Germania) con cui abbiamo condiviso l’esperienza, divertente fotografarsi insieme in giro per il giardino e le stanze in cui si può sostare con calma; abbastanza buono il tè macha – tè verde in polvere finissima prodotto e utilizzato da secoli in Giappone, introdotto dai monaci buddisti come bevanda salutare per corpo e mente – che ha più o meno lo stesso sapore dell’acqua di cottura degli spinaci: erbaceo e piuttosto amarognolo. Prima di sorseggiarlo, si mangia un dolce molto zuccherino proprio per assaporarne bene le note amare. Abbiamo anche appreso come prepararlo al meglio, facendo schiumare la polvere con l’apposito delicato frullino ricavato a mano da un unico pezzo di bambù, e che ha proprietà simili al caffè, per cui è meglio non abusarne.

PS: Un consiglio da tenere a mente se si indossa un kimono: quando ve lo legano in vita (con lacci e cinture), meglio evitare di farselo stringere troppo stretto perché la cerimonia si fa in ginocchio sul tatami e già questo è abbastanza impegnativo, non è il caso di rinunciare anche alla possibilità di respirare!

cerimonia del tè a Kyoto
cerimonia del tè a Kyoto
cerimonia del tè a Kyoto
cerimonia del tè a Kyoto
cerimonia del tè a Kyoto
cerimonia del tè a Kyoto

Abbiamo quindi concluso serenamente questa splendida giornata con una piacevole cena più occidentale a base di insalata e rotolo di coniglio sull’elegante rooftop di un ristorante molto bello (di cui non ricordo il nome) dove, all’uscita, cuoco e cameriera ci hanno perseguitati fino alla chiusura della porta dell’ascensore, stordendoci di arigato gosaimassss, costernati perché avevano dimenticato un piatto dell’ordinazione. Spero non abbiano fatto harakiri dopo la nostra dipartita.

cena sul rooftop a Kyota

Il giorno successivo è stata una delle giornate più belle della vacanza: la mattina, abbiamo preso il treno JR per raggiungere Nara, località ricca di templi e opere d’arte che risalgono all’VIII secolo, quando era la capitale del Giappone. Appena arrivati abbiamo ovviamente fatto colazione, gustando mochi ripieni di frutti interi e i viralissimi mochi al macha di Nakatanidou Mochi (quelli famosi in rete per le martellate alla pasta di mochi), cementando definitivamente il nostro già compromesso transito intestinale; abbiamo quindi goduto della compagnia degli infiniti cervi e cerbiatti che vivono liberi nel parco di Nara che ci hanno stupiti salutandoci con dolcissimi inchini del capo. Non dicono ancora arigatogosaimaaaassss, ma succederà, ne sono sicura!

mochi a Nara
mochi a Nara
cervi a Nara
cervi a Nara
cervi a Nara davanti al tempio Todai-ji
Cervo a Nara

Abbiamo quindi visitato il bellissimo tempio Tōdai-ji, uno dei templi buddisti più famosi e importanti del Giappone, tutt’oggi il più grande edificio in legno al mondo nonostante le sue dimensioni siano solo due terzi di quelle originali. Comprende templi ausiliari, pagode, saloni e portali e vi si accede attraversando il grande Ndai-mon (Grande Porta) che contiene due divinità protettrici (Nio) alte più di 7 metri, imbiancate dalla polvere perché mai mosse dalle loro nicchie; la prima, chiamata Ungyo, ha la bocca chiusa e raffigura l’inizio, mentre la seconda, Agyo, ha la bocca aperta e rappresenta la fine (manca solo Ringhio perché sappiamo la fine che ha fatto).

Appena oltrepassato il grande portale, si visita l’immensa sala con il Daibutsu (Grande Buddha) di bronzo, alto 15 m, altre statue e tesori e, alla base di una delle colonne portanti in legno, un buco delle stesse dimensioni della narice del grande Buddha che i visitatori più longilinei possono provare a oltrepassare con l’intero corpo senza restare incastrati: chi non ce la fa viene colpito da sfiga istantanea – farsi estrarre dai pompieri -, chi riesce, secondo la leggenda, riceverà invece l’illuminazione nella prossima reincarnazione.

portale del Tempio Todai-ji Nara
portale del Tempio Todai-ji Nara
Tempio Todai-ji Nara
Daibutsu Grande Buddha
Tempio Todai-Ji
Tempio Todai-Ji

Abbiamo quindi ammirato gli altri templi del parco e ci siamo riposati un po’ nel bellissimo giardino Insuien, “giardino sorto sull’acqua”, meravigliosa e nota oasi verde conservata dall’epoca Meiji con ponti, un mulino, uno stagno e rigagnoli gorgoglianti perfetti per rilassarsi, e dato un’occhiata al piccolo museo incluso nel biglietto d’ingresso.

Nara
Giardino Insuien a Nara
Giardino Insuien a Nara

La seconda parte di questa bellissima giornata ci ha visti raggiungere, tornando verso Kyoto con lo stesso treno, il Fushimi Inari Taisha, principale santuario dedicato al kami Inari, la divinità del buon raccolto e del successo negli affari, percorso apparentemente infinito di porte di torii arancione brillante che costeggia la via di accesso al Monte Inari e costituisce una delle immagini più famose del Giappone nel mondo.

Abbiamo quindi percorso il sentiero di circa 4 chilometri sulla montagna, passando attraverso piccoli templi e tombe custoditi da gatti in carne ed ossa e volpi di pietra di varie dimensioni: questo animale è infatti considerato il messaggero di Inari e la chiave che tiene in bocca apre simbolicamente i magazzini del riso. Secondo la tradizione, questa creatura sacra e misteriosa sarebbe in grado di possedere gli esseri umani, infilandosi sotto le unghie dopo il calare del sole; per questo i giapponesi non si avventurano qui di notte, cosa che ovviamente noi abbiamo fatto… vi dirò se noto un incremento della mia furbizia nel tempo.

La passeggiata si apre con un maestoso portale al cui centro si trova un cerchio di paglia che purifica chi lo attraversa dalle malattie di cui soffre (attraversato quindi più volte!) e scorre immerso in un silenzio naturale rotto solo dai versi dei tanti corvi che vivono nella foresta circostante; si cammina sotto i torii, tra sentieri e gradini, lambendo piccoli santuari, tempietti e tombe: i circa 11.000 portali sono stati donati da fedeli e imprenditori che hanno ottenuto, in cambio di generose donazioni, il loro nome inciso sulle colonne verticali, garanzia di successo negli affari.

 

 

Fushimi Inari Taisha
Fushimi Inari Taisha
Fushimi Inari Taisha
Fushimi Inari Taisha
Fushimi Inari Taisha
Fushimi Inari Taisha
Fushimi Inari Taisha
Fushimi Inari Taisha
Fushimi Inari Taisha
Fushimi Inari Taisha

Dopo la prima passeggiata diurna, ci siamo rifocillati con birra e golosi sushi roll di wagyu a Inari, per poi ritornare al santuario, quasi deserto, dopo cena. Ecco, questi luoghi immersi nel buio, solo parzialmente illuminati dalle lanterne e finalmente liberi dai turisti, sono un’esperienza davvero unica: avrò visto troppe volte La città incantata, ma davvero l’atmosfera è quella. Magia pura.

Inari di notte
Fushimi Inari di notte
Fushimi Inari di notte
Fushimi Inari di notte
Fushimi Inari di notte
Fushimi Inari di notte

Torniamo quindi in breve tempo a Kyoto con il treno (sempre compreso nel JR Pass) e, prima di andare a letto, facciamo due passi per ammirare la bellissima pagoda del tempio di Toji e i suoi immobili custodi: in Giappone animali vivi e animali scolpiti si confondono, tra fantasia e realtà.

Notte e sogni di yakitoro.

tempio Toji Kyoto
tempio Toji Kyoto
tempio Toji Kyoto

Il giorno successivo è l’ultimo a nostra disposizione a Kyoto e il tempo promette pioggia nel pomeriggio. Abbandoniamo quindi l’idea di visitare anche la foresta di bambù di Arashiyama e ci dirigiamo in centro in metro per affittare delle biciclette, anche questa volta, sconsideratamente, muscolari: il sole infatti si farà sentire fino alle 16 e una parte del percorso ci porterà in collina, per cui, col senno di poi, una bella e-bike sarebbe stata la scelta migliore, soprattutto per Chiara.

Raggiungiamo l’esterno del castello di Nijo ma, secondo errore forse, proseguiamo verso la collina e il padiglione d’argento (il tempio Ginkaku-ji) che, dopo esserci ripresi dalla scavallata, visitiamo con il suo bel giardino, famoso per la scultura di sabbia ispirata al Monte Fuji: bello, ma forse avrebbe meritato di più il castello con i suoi interni? Il mio giudizio lì per lì è compromesso dal calore patito, perché in realtà il tempio, anche se incompiuto, è molto piacevole, così come la passeggiata al fresco del suo giardino ricoperto di muschio lussureggiante. Dalla cima della collina, si gode inoltre di una piacevole vista su Kyoto e da qui possiamo ripartire verso le altre tappe della giornata pedalando piacevolmente lungo il sentiero del filosofo, percorrendo stradine, viottoli, piazze e parchi, scorci di zone residenziali che ci permetteranno di scoprire una Kyoto meno turistica, davvero bellissima.

Castello di Nijo a Kyoto
pedalando a Kyoto
tempio di Ginkaku-ji
giardino del tempio di Ginkaku-ji
giardino del tempio di Ginkaku-ji
giardino del tempio di Ginkaku-ji
vista di Kyoto dal tempio di Ginkaku-ji

Passiamo quindi ad ammirare il tempio Nanzen-ji e rimaniamo estasiati davanti all’immenso portale di legno del tempio Chion-in sede principale del Buddismo Jodo-Shu; saliamo quindi i ripidi scalini fino al tempio, dove, rigorosamente scalzi, assistiamo ai canti dei monaci mentre riordinano l’interno della sala principale, chiamata “Mieido”, considerata un tesoro nazionale per le splendide immagini religiose esposte e le grandi sculture di Honen Shonin.

tempio a Kyoto
tempio a Kyoto
kyoto in bicicletta
portale del tempio Chion-in a Kyoto
portale del tempio Chion-in a Kyoto
campane buddiste a Kyoto
tempio Chion-in a Kyoto

Ci dirigiamo quindi verso il tampio Kiyomizu-dera, forse il più noto della città, ma veniamo fagocitati dalle ancora più note stradine Ninenzaka e Sannenzaka, strette e quasi esclusivamente pedonali; abbandoniamo le bici e ci lasciamo trasportare incantati dal fiume in piena dei turisti lungo queste viuzze, tante volte già percorse nei reel di Insatgram, tra negozi e negozietti di souvenir e cibi golosi. Quando arriviamo al tempio, inizia a gocciolare e dopo una frettolosa occhiata al complesso, scappiamo verso le bici e ci avventuriamo tra le strade di Kyoto, rese ancora più belle dalla pioggia, per fortuna, leggera. Riconsegnati i nostri non molto brillanti mezzi, torniamo nel bel quartiere di Gion e ci ripariamo, umidicci, stanchi e contenti, da Gion Tanto, un piccolo ristorante specializzato in cottura alla piastra (teppanyaki) dove ci strafoghiamo di yaki soba, okonomiyaki e grigliata di carne e pesce, seduti per terra. È presto, il ristorante è tranquillo, il cibo buono. Fuori piove. Tutto è perfetto.

 

ninen-zaka Kyoto
kiyomizu-dera kyoto
kiyomizu-dera kyoto
kyoto pioggia
Gion Tanto a Kyoto
Gion tanto a kyoto

Un ultimo giro per parar zo la cena tra le vie più pittoresche della città, al buio, sotto l’ombrello e le pagode, e salutiamo anche Kyoto. Sayonara!
E chissà che questo addio non sia solo un arrivederci.

kyoto lanterne
kyoto pioggia
Kyoto by night

La mattina dopo, spediamo le valigie a Osaka e partiamo leggeri alla volta di Hiroshima; prenotando i posti sullo Shinkansen, scopriamo che la tratta da Kyoto prevede un supplemento per ridurre i tempi e arriviamo a destinazione sotto il diluvio universale.

Lasciato anche l’ultimo trolley per la notte in uno dei locker della stazione (armadietti sicuri molto comodi), prendiamo l’autobus che ci porterà al Museo della Pace (anche in questo caso si può usufruire del JR Pass utilizzando la linea circolare chiamata Meipuru-pu che ferma in tutti i principali luoghi di interesse della città).

La visita al Museo è molto toccante e vale la pena dedicargli il giusto tempo. Ripercorre il prima e dopo della città attraverso le drammatiche testimonianze dei suoi abitanti e la storia della bomba atomica, lasciando un senso di impotenza opprimente: memoria corta e coscienza sporca emergono come tratti distintivi di chi governa il mondo, pochi eletti poco illuminati che decidono della vita e della morte sul nostro pianeta.

Percorriamo il parco della pace, disseminato di opere dedicate alla memoria e monito per il futuro, tra cui spiccano la Fiamma della Pace e il Cenotafio, che riporta i nomi di tutte le persone decedute a causa del bombardamento e delle sue conseguenze. Al di là del fiume, perpendicolare rispetto al museo, l’Atomic Bomb Dome (Memoriale della Pace) patrimonio Unesco – l’edificio più vicino all’esplosione ad essere rimasto in piedi – testimonia l’inumanità della guerra con lo scheletro della sua cupola. Piove a dirotto, il cielo è grigio, la città è silenziosa, le vibrazioni di sofferenza e speranza di questo lembo di terra arrivano in tutta la loro delicata potenza.

Hiroshima
Hiroshima - fiamma della pace
Hiroshima - Atomic Bomb Dome

È ormai sera quando riprendiamo il treno verso la stazione di Miyajimaguchi, da cui parte il ferry boat per l’isola di Miyajima dove trascorreremo la notte (anche queste tratte di treno e traghetto sono incluse nel JR Pass, si deve solo pagare all’imbarco la tassa di soggiorno di 100 yen a testa).

Sbarchiamo sull’isola dopo circa 20 minuti, all’ora di cena: le nuvole si stanno alzando, l’aria è umida e i vapori lambiscono gli edifici diffondendo una luce azzurro-rosata indimenticabile. Entriamo al volo in uno dei pochi ristoranti dell’isola ancora aperti (qui tutto chiude tra le 20 e le 21) e, giusto il tempo di piluccare qualcosa, siamo di nuovo in strada ad ammirare l’atmosfera incantata di questo villaggio.

Ci attende infatti uno dei panorami più iconici del Giappone, il grande torii rosso che sembra galleggiare sulle acque del mare. Imponente, rosso vermiglio, con i suoi 16 metri di altezza si immerge ed emerge dalle maree, introducendo al santuario Itsukushima: il vero nome di questa piccola isola è infatti proprio questo, Itsukushima, ma è comunemente chiamata Miyajima, “isola del santuario”. Spiritualità e natura convivono da secoli su questo fazzoletto di terra che, nonostante sia una delle mete più turistiche del Giappone, conserva ancora un fascino più unico che raro.

La sera in particolare l’isola si svuota e torna ad essere un’oasi di pace naturale. Noi l’abbiamo scoperta così, deserta, immersa in un’atmosfera irreale, con i cerbiatti che sbucavano dalle piante e dormivano accoccolati fuori dagli edifici, ancora per lo più tradizionali.

 

Miyajima
Miyajima
Miyajima
Miyajima by night
Miyajima by night
Miyajima by night
Miyajima by night

Qui si dorme infatti nei ryokan, locande con i pavimenti di tatami, porte scorrevoli e logge interne, rifiniture in legno in stile tradizionale, futon preparati dopo la cena.

Abbiamo soggiornato nel bellissimo Ryoso Kawaguchi, un ryokan di 300 anni (di solito per la loro fragilità le strutture tradizionali giapponesi non hanno una vita lunghissima), gestito da una signora anziana, come è usanza nei ryokan, che, nonostante fossero già le 21, ci ha organizzato l’accesso privato familiare all’onsen, il caldissimo bagno che si fa nudi dopo essersi accuratamente lavati. Un’esperienza che abbiamo apprezzato moltissimo, godendoci il piacere dell’acqua bollente, la bellezza pacifica della struttura, la comodità del futon e la bellissima vista sulla pagoda che si poteva ammirare dalla mansarda comune.

 

Ryokan Ryoso Kawaguchi
Ryokan Ryoso Kawaguchi
Ryokan Ryoso Kawaguchi

La mattina dopo facciamo colazione nella via più turistica dell’isola, dove si possono gustare i dolcetti tipici Momiji Manju, una sorta di dorayaki a forma di foglia d’acero, simbolo dell’isola, ripieni di creme di ogni tipo. Torniamo poi sul molo per godere ancora della vista del torii galleggiante.

Miyajima
Torii sul mare a Miyajima
Torii sul mare a Miyajima

Proseguiamo la giornata con un’indimenticabile escursione sul Monte Misen, attraversando i vari livelli del Tempio Daisho-in, meraviglioso complesso buddhista composto da moltissimi oggetti religiosi, statue e sale: si accede attraverso la Porta di Niomon e una scalinata porta alla parte centrale del tempio; lungo tutta la salita si trovano circa 600 Scritture di Dai-hannyakyo (che si devono far ruotare mentre si passa per ottenere fortuna), una grande campana e un incantevole percorso tracciato da 500 statue di Rakan (i discepoli di Buddha), ognuna con un’espressione diversa.

Una volta arrivati in cima, si può entrare nella sala principale dove le preghiere vengono accompagnate da un tamburo taiko (in filo-diffusione) con cerimonie giornaliere. C’è poi una struttura ottagonale, al centro di un piccolo stagno, in cui sono disposte le sette divinità della fortuna di Miyajima, altre sale, un gigantesco mandala di sabbia e tante statue e sculture, ma la parte più affascinante è senz’altro la Grotta di Henjokutsu, illuminata da infinite lanterne appese al soffitto, al cui interno sono disposte 88 icone buddiste che simboleggiano i templi del tragitto di pellegrinaggio dell’isola di Shikoku (seguendo il percorso lungo le icone, si dice si possano ottenere le stesse benedizioni alla faccia di coloro che si fanno il pellegrinaggio vero).

Tempio Daisho-in
Tempio Daisho-in
Tempio Daisho-in
Tempio Daisho-in
Tempio Daisho-in
Tempio Daisho-in
Tempio Daisho-in
Tempio Daisho-in
Tempio Daisho-in
Tempio Daisho-in
Tempio Daisho-in
Tempio Daisho-in

Dopo aver goffamente replicato i vari riti di una religione tanto affascinante quanto sconosciuta, tra cervi, granchietti e uccellini, torniamo verso il porto, concedendoci una sosta nell’affascinante Santuario Hokoku, “padiglione dei 1.000 materassi” (perché la struttura, risalente al 1587, è grande quanto 1000 materassi tatami – i naming “zero sbatti” dei giapponesi mi fanno sempre sorridere). Immerso nella vegetazione, proprio alle spalle del famoso Santuario Itsukushima, offre riparo dal sole ed è attraversato dal vento leggero che soffia tra le colline e il mare. Ci sediamo anche noi, scalzi, ad ascoltare lo spirito del luogo.

Ci dirigiamo quindi verso il porto, assaporando l’aria umida, le vibrazioni positive e un panino al curry fritto, prima di lasciare questa meravigliosa isoletta alla volta dell’ultima, fugace, tappa del nostro viaggio in Giappone: Osaka.

Santuario di Itsukushima

Il nostro viaggio giunge al termine nella follia di neon, negozi, street food di Dotonbori, il “quartiere del casino” di Osaka.

Siamo ormai stanchi: l’appetito di cose e cibi nuovi è saziato e la nostalgia di casa e di una buona pastasciutta si fa un po’ sentire. Dopo i 40 anni, infatti, il ritorno ha anche i suoi lati positivi… Soprattutto se la vacanza è lunga, a un certo punto la mia casa, il mio cibo, il mio bagno mi mancano! Non le menate però… La cosa più bella delle vacanze da adulti, per quanto mi riguarda, è infatti il poter sparire da tutto e da tutti a cuor leggero: “mi spiace, sono via” e adios! Ahhhhh, si vive per questi sprazzi di libertà, di testa vuota di menate e piena di minchiate, via da sé stessi e mai così presenti a sé stessi. Poi si rientra, si risale sul tran tran, e tutto riprende, tutto scorre, fino alla successiva attesissima parentesi. A proposito… quando e dove?! Scozia, Canada, Marte?!?

Compriamo per la colazione del giorno dopo una delle mitiche fluffy castella cake di Rikuro, ceniamo con del sushi più caro che buono, assaggiamo i terribili takoyaki di polipo – che finiscono nel bidone -, nanne, colazione, passeggiata al fresco della Namba walk sotterranea, ultimo giro in un Ghibli Store, caffè e via verso il Kansai International Airport, destinazione Taipei e poi Milano.

Osaka
Osaka
Osaka
Osaka
Osaka
Osaka
vista del cielo dall'aereo

Si parte da Osaka alle 18, si arriva a Milano comodi comodi alle 7:50 di mattina, viaggiando per circa 20 ore e indietro nel tempo per 7: l’ultima magia di questo viaggio che non dimenticheremo mai.

Arigato very very gosaimasu, Nihon.

Fuori è estate, c’è il Monte Bondone, piove. Lacrimuccia all’aroma di caffè.